tratto da Irvin D. Yalom, il dono della terapia, Neri Pozza ed.
«Perché le decisioni sono difficili? Nel romanzo di Grendel di J. Gardner il protagonista, confuso dai misteri della vita, consulta un prete saggio che pronuncia due semplici frasi, poche terrificanti parole: “Ogni cosa svanisce e le alternative si escludono a vicenda”. Le alternative si escludono a vicenda: questo concetto sta alla base di tante difficoltà decisionali. Per ogni “sì” ci dev’essere un “no”. Le decisioni sono faticose perché esigono la rinuncia. Questo fenomeno ha attratto le grandi menti per secoli. Aristotele immaginava un cane affamato incapace di scegliere tra due porzioni di cibo ugualmente invitanti» come la storia dell’asino di Buridano.
«Conoscete quella frivola storiella di un certo asino di cui si discute a scuola? Nella stalla gli vennero portate per il suo pasto due quantità di fieno uguali, della stessa qualità, per molte volte; dai due mucchi l'asino si vide tentato ugualmente, e, drizzando le orecchie, proprio in mezzo ai due mucchi uguali, concretizzando le leggi dell'equilibrio, morì di fame, per timore di fare una scelta.»
«Prendere una decisione ci taglia fuori da altre possibilità. Scegliere una donna/uomo, una carriera, una scuola significa escluderne altre. Più ci troviamo di fronte ai nostri limiti, più dobbiamo abbandonare il mito di essere persone speciali, di avere potenzialità illimitate, di essere imperituri, immuni dalle leggi del normale destino biologico. È per queste ragioni che Heidegger si riferì alla morte come all’impossibilità di ulteriori possibilità. Il cammino verso la decisione può essere difficile perché conduce al tempo stesso nel territorio della finitezza e dell’infondatezza – territori pervasi di ansia. Ogni cosa svanisce e le alternative si escludono a vicenda».
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