«Una mattina mi sono svegliata prima del babbo e la mamma era andata già a lavorare e allora ho cominciato a chiamarlo ma il babbo non mi sentiva. Allora ho cercato di alzarmi, ci sono riuscita. Poi reggendomi al muro sono andata vicino alla camera del babbo e l’ho svegliato. Era la prima volta che lo facevo; il babbo è rimasto meravigliato e anche contento, mi ha preso in collo e siamo andati a fare colazione e il babbo mi ha abbracciata». (20 aprile 1990, I elementare) Alice Sturiale[1]
Alice Sturiale era affetta da una malattia congenita, le impediva di camminare, ma non di essere felice. Nella sua breve vita si è sempre divertita a scrivere[2].
La resilienza esiste da sempre.
Da sempre le persone, bambini, ragazzi, adulti soffrono. Qualcuno rimane segnato altri si riprendono. In passato nessuno si chiedeva come avessero fatto, a ritrovare il loro posto.
Il pensiero lineare dice: chi gode di buona salute, ha una bella famiglia, chi possiede una solida cultura si potrà sviluppare positivamente. «Chi invece è malato, debole, senza famiglia e senza cultura non ha possibilità di evolversi e, come è logico, è da considerarsi sfortunato. Se seguiamo questo ragionamento, non possiamo fare più di tanto per chi ha avuto sfortuna e, nella nostra grande bontà, possiamo solo elargirgli qualche parola di consolazione e, se va bene, una piccola pensione. Ma a partire dagli anni Ottanta gli studi sulla resilienza ci hanno indotto a pensare in modo diverso»[3].
«La parola resilienza esisteva nel campo della fisica, a designare la capacità di un metallo di riprendere la propria forma dopo aver ricevuto un colpo non abbastanza forte da provocarne la rottura»[4]. Usando questo concetto in senso figurato, si riferisce alla persona che “ferita” può tornare alla vita, non quella precedente ma ad un’altra, appassionante e difficile allo stesso tempo.
La resilienza, in questo senso, «può essere definita come il processo che permette la ripresa di uno sviluppo possibile dopo una lacerazione traumatica e nonostante la presenza di circostanze avverse».
Quindi, alcuni individui non si lasciano abbattere e riprendono a vivere. A un primo sguardo si potrebbe allora dire che alcuni individui ne sono dotati altri no? Ma quando si vanno ad indagare tutti i fattori in gioco la situazione è più complessa e non legata ai soli fattori individuali:
1. Sviluppo di un attaccamento sicuro
2. Il soggetto ha trovato intorno a sé un sostegno affettivo
3. Strutture sociali e discorsi culturali che gli hanno offerto una possibilità, che il soggetto ha saputo sfruttare.
Un altro elemento da tenere in considerazione è che le prove dell’esistenza plasmano e creano una tendenza, ma è anche vero che altri avvenimenti ci orientano in modo diverso, grazie alla nostra enorme flessibilità cerebrale, affettiva e sociale.
Non è più così “scontato” o meglio lineare, come abbiamo detto, che avere genitori divorziati porti a uno sviluppo negativo, (affettivo, emotivo e relazionale), essere stato un bambino abusato significhi diventare un adulto maltrattante e abusante; vivere una condizione di disabilità determini l’impossibilità di integrarsi socialmente.
La resilienza, ancora, «può essere definita come la capacità o il processo di far fronte, resistere, integrare, costruire e riuscire a riorganizzare positivamente la propria vita nonostante l’aver vissuto situazioni difficili che facevano pensare a un esito negativo»[5].
Quindi non si tratta solo di resistere ma anche di superare le difficoltà. Questa possibilità esiste in forma latente, e secondo la storia di ciascuno può trasformarsi in un processo attivo.
«La resilienza propone di non ridurre mai una persona ai suoi problemi ma di dichiarare anche le sue potenzialità»[6]
«Affrontare la resilienza di un bambino implica anche considerare le interazioni che egli ha con la sua famiglia e con l’ambiente familiare, scolare, sociale… Non si tratta di caratteristica propria a una persona, ma piuttosto di un processo dinamico e di una costruzione che si attua nel corso dell’esistenza. Non è, dunque, data e acquisita una volta per tutte, immutabile e definibile»[7].
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