Siamo una specie emergente nel flusso della vita. I nostri corpi, cervelli e menti si sono evoluti per funzionare in modi specifici, per sperimentare certe emozioni (come rabbia, ansia, disgusto, gioia, desiderio) adottare differenti strategie difensive (lotta, fuga, sottomissione), mostrare differenti sistemi motivazionali archetipici (formare legami di attaccamento, ricercare status, appartenere a gruppi, desiderare e cercare partner sessuali). Queste rappresentano le motivazioni e le competenze del “cervello antico” e ci spingono a mettere in atto la maggior parte delle cose che facciamo e pensiamo.
Le competenze e le abilità (riflessione, consapevolezza di sé) del “cervello nuovo” possono interagire con le motivazioni e le pulsioni del cervello antico, generando gli aspetti migliori e peggiori del nostro essere. In differenti stati mentali, diversi elementi della nostra mente sono accesi o spenti. Una mente focalizzata sulla minaccia e sulla vendetta spesso disattiva la motivazione e la competenza a provare compassione verso l’oggetto della propria vendetta. Al contrario, una “mente compassionevole” spesso modera le emozioni, i pensieri e i comportamenti che si attivano in uno stato di minaccia.
I nostri cervelli sono difficili e complicati, i nostri pensieri, le nostre emozioni e comportamenti possono essere preda di impulsi, spinte e terrori primitivi.
Solamente attraverso l’addestramento possiamo raggiungere un po' di armonia e assumerci la responsabilità di noi stessi e delle nostre azioni.
(tratto da P. Gilbert, La Terapia focalizzata sulla compassione. Caratteristiche distintive. Ed. italiana a cura di N. Petrocchi, Milano, Franco A., 2012)
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