Ho incontrato al Comunicazione Non Violenta un po' di tempo fa, grazie ad una dirigente scolastica che ha presentato questo modo di comunicare a un convegno allestito per festeggiare i 40 anni di un servizio educativo, rivolgendosi a educatrici, coordinatrici e genitori. Da lì ho partecipato a un paio di corsi organizzati, uno con il Centro Esserci, poi in modo più ristretto con una formatrice certificata, sempre rivolto ad educatrici e insegnanti di servizi educativi. Le cose sono proseguite ma non mi dilungo. E’ certo che da subito ho trovato una grande sintonia con questa teoria e pratica, ed un desiderio di apprendere questa modalità di comunicazione, non tanto per avere un attestato o una certificazione, ma per essere più in sintonia con me stesso, gli altri, i sentimenti e i bisogni. Detta così sembra un viaggio lineare e semplici. Ho trovato la Comunicazione Non Violenta semplice nel suo impianto teorico e allo stesso tempo complessa da applicare, poiché chiede di riscoprire un modo di stare in relazione con sé con gli altri che abbiamo “dimenticato”, che non ci è stato poi insegnato o permesso.
Per spiegare cosa è la Comunicazione Non Violenta ( di seguito CNV) uso le parole scritte da V. Costetti in un piccolo libricino intersecate a qualche mio pensiero derivato dallo sperimentare la CNV.
La CNV è un processo di comunicazione che viene utilizzato «per comunicare in modo amorevole con noi stessi e con gli altri, per gioire della ricchezza presente nel mondo, negli esseri umani, per godere delle preziose differenze esistenti in famiglia, nella scuola, nel lavoro, in politica, tra culture e religioni. È il linguaggio naturale degli esseri umani; consiste nell’esprimere, con gesti o parole, in modo verbale e/o non verbale, semplicemente e onestamente quello che è vivo in noi, senza etichettare o insultare gli altri e ci permette di intendere semplicemente quello che è vivo negli altri anche quando è espresso in un modo difficile da ricevere, attraverso parole che potrebbero sembrare una critica, un attacco, un giudizio moralistico, un dovere o una pretesa»…«crescendo abbiamo imparato un altro modo di comunicare, scollegato dalla vita […]. Abbiamo appreso molte più parole per dire che cosa sono gli altri, che cosa non funziona in loro, che cosa è giusto o sbagliato, chi ha ragione o torto, chi si comporta bene o male, anziché arricchire e consolidare la nostra naturale capacità di essere collegati alla vita in noi e negli altri e di apprendere un linguaggio capace di esprimerla».
Se ci fermiamo un attimo vedremo quanto tutto questo sia “drammaticamente” vero, e quanto in noi, o almeno in me, ci sia il desiderio di modificare questo modo “tragico” di stare in relazione con sé e con l’altro. A volte ci si può trovare a pensare che sia una forma di comunicazione “buonista” ma non ha niente a che vedere con ciò.
Per vita presente in noi la CNV fa «riferimento a ciò che noi proviamo, i nostri sentimenti, le nostre sensazioni, i nostri bisogni soddisfatti o insoddisfatti; […] a ciò che osserviamo, su quali fatti umani scegliamo di mettere l’accento; alla chiarezza che possiamo sviluppare su ciò che chiediamo alle altre persone di fare per contribuire a rendere la nostra vita migliore». «Attraverso quattro punti fondamentali, la CNV ci permette di riapprendere il nostro linguaggio naturale per collegarci a ciò che è vivo in noi e potere così esprimere, se lo desideriamo, ciò che osserviamo, i nostri sentimenti, i nostri bisogni, le nostre richieste. Ci permette inoltre di sviluppare la consapevolezza circa il modo in cui noi intendiamo le parole degli altri. La CNV ci ricorda che possiamo ad ogni istante scegliere come e cosa ascoltare». Agendo questa scelta scolleghiamo il nostro pilota automatico, che di solito chiamiamo “sono fatto così” e ci riappropriamo della nostra vita, che all’inizio ci sembrerà un modo “meccanico” di agire, proprio come quando impariamo una nuova abilità o competenza.
Le altre persone possono esprimersi in un modo che può suonare come una critica o attacco, certo: noi possiamo decidere se rimanere a questo livello oppure collegarci a ciò che è vivo nell’altra persona. «La CNV ci invita ad ascoltare i fatti a cui la persona si riferisce, i suoi sentimenti, i suoi bisogni e le sue richieste». Come scrivevo sembra tutto semplice, ma una volta che cominciamo a fare attenzione alle nostre intenzioni, ai nostri modi di relazionarci, vedremo presto che il lavoro da fare, spesso, è impegnativo, ma ovviamente non impossibile. Come andare in palestra. All’inizio alcuni esercizi sembreranno inarrivabili, poi pian piano ci accorgiamo che qualcosa cambia, prendiamo fiducia e sempre più si avvia un cambiamento.
Per riscoprire questo linguaggio naturale bisogna ri-educarsi, diventare consapevoli dei giudizi che emettiamo, delle abitudini assunte nel tempo. Questo è necessario quando si comincia ad avvertire il bisogno di chiarire come si vive la relazione con sé e con gli altri, e quando si avverte il bisogno di apprendere nuovi modi per realizzare i propri valori nella vita di tutti i giorni.
«Abbiamo bisogno di offrire gli strumenti che permettano di avere la chiarezza e la consapevolezza di ciò che si prova» per fare crescere bambin* e persone collegate a ciò che è vivo in loro. Ma molti di noi sono cresciuti in istituzioni in cui si predilige sapere ciò che è giusto o sbagliato, in cui si premia o si punisce, dove qualcuno comanda e qualcuno ubbidisce.
«La CNV ci ricorda che siamo esseri umani, vivi, e che più siamo vivi, più abbiamo dei bisogni. Quando questi bisogni sono soddisfatti proviamo dei sentimenti, quando non sono soddisfatti proviamo altri sentimenti. I sentimenti che proviamo non sono quindi né positivi né negativi, sono un meraviglioso sistema che ci segnala se la vita in noi è servita, soddisfatto o no. Quando la vita è soddisfatta possiamo ringraziare, quando non è soddisfatta possiamo fare richieste, per donare a noi stessi e agli altri l’opportunità di contribuire al nostro benessere».
«La CNV offre strumenti concreti perché […] la persona matura diventi capace di distinguere i sentimenti in tante sfumature». Questo lo trovo davvero utile. Molto spesso abbiamo un repertorio ridotto di parole per esprimere queste sfumature, ed uno molto ricco per affibbiare etichette alle persone, o a noi stessi.
Con la CNV «possiamo … rimanere collegati alla vita in noi e facilitare, in qualsiasi contesto educativo […] la crescita di un clima di rispetto e di fiducia che possa stimolare […] ad esprimere i propri sentimenti e bisogni».
Tratto da L’arcobaleno di sentimenti, introduzione alla Comunicazione Nonviolente, di V. Costetti, Centro Esserci ed.
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