«Quand’è stata l’ultima volta che la realtà ti ha appioppato una sonora sberla?». R.Harris inizia così il suo libro Se il mondo ti crolla addosso.
Quando succede si prova dolore, si rischia di perdere l’equilibrio raggiunto fino a quel momento, a volte cadiamo. La sberla può prendere diverse forme: la morte di una persona cara, una malattia, un tradimento, un evento naturale come un terremoto, che qui abbiamo sperimentato tra il 20 e il 29 maggio del 2012 e ancora oggi i segni sono evidenti. Ora la Pandemia.
La sberla, scrive Harris, può essere anche qualcosa di più sottile: un’ondata di invidia, la solitudine, la rabbia o il risentimento per un trattamento ricevuto e ritenuto ingiusto.
A volte la “sberla” va nel dimenticatoio, altre volte ci fa perdere la bussola.
La “sberla” ci mette di fronte a un divario: tra la realtà che abbiamo e quella che vorremmo avere, o vivere. Maggiore è lo scarto maggiori sono le emozioni che viviamo: invidia, gelosia, terrore, colpa, delusione, shock, tristezza, rabbia, disperazione, disgusto.
Durante la nostra vita «tutti noi sperimentiamo delusione, frustrazione, fallimenti, perdite, rifiuti, malattie, ferimenti, invecchiamento, morte»[1]. Se lo scarto di realtà è piccolo motli lo riescono a gestire ragionevolmente bene. Ma se aumenta diventa probabile incontrare delle difficoltà.
In questo lungo periodo che parte da febbraio 2021 ad oggi abbiamo attraversato diverse angosce come ci ha fatto notare Massimo Recalcati in diversi articoli. L’angoscia del contagio sparpaglia l’oggetto temuto ovunque; nelle mani, nella bocca, nel denaro, nelle maniglie delle porte, nei vestiti, sui mezzi pubblici, insomma in ogni oggetto del mondo». Si possono presentare in tali situazioni «crisi di panico o di comportamenti fobici caratterizzati dal ritiro sociale, dall'autoreclusione, dall'isolamento, dal timore di ogni forma di contatto»[2]. L’angoscia del contagio porta con sé la presenza inconscia o conscia della morte.
Questo lungo tempo è stato traumatico se il trauma è un evento che spezza violentemente la nostra rappresentazione ordinaria del mondo introducendo la dimensione angosciante dell’inatteso, dell’imprevedibile, dell’ingovernabile.
Quindi la prima angoscia è stata persecutoria: la paura del contagio, della malattia e dei suoi rischi. Poi è seguita quella legata all’idea di perdita del mondo conosciuto, ed assume i caratteri di una sorta di lutto collettivo. Infine l’angoscia legata alla convivenza con il virus che richiede di abitare «il tempo dell’incertezza e della paura per trovare un varco nell’incertezza e nella paura»[3]
«Ogni trauma lascia sempre dei resti che non possono essere mai del tutto smaltiti. La mappa della sofferenza psichica generata dal Covid 19 appare frastagliata»:[4] angoscia di impoverimento legata alla precarizzazione della vita, angoscia depressiva accompagnata a fenomeni di insonnia, crisi di panico, impotenza sessuale, somatizzazioni varie, ricorso al cibo, all'alcool, o a qualunque altra sostanza, unito ad una irritabilità di fondo ecc.
Pandemia e modi di affrontarla
In questo caso specifico possono esserci diversi modi di affrontare la diffusione del virus, come riportato nello schema
Uno degli approcci che possono essere usati per aiutare le persone è quello che fa riferimento all’ACT, approccio fondato sulla ricerca scientifica che mira ad arricchire e migliorare la vita umana, ideato da S. C. Hayes, basato tra le altre cose sulla mindfulness e sull’indirizzare la propria vita nella direzione dei valori[5].
Harris la “sberla” l’ha ricevuta intorno ai 40 anni, mentre la sua vita procedeva a vele spiegate, con la diagnosi di autismo del figlio. Harris scrive di aver attraversato tutte le fasi, e più volte, del “lutto”: negazione, rabbia, negoziazione, depressione e accettazione.
Harris ha fatto un lungo percorso interiore e ha trovato quattro passi che possono aiutare quando si è colpiti:
1. Sii gentile con te stesso: quando soffriamo, dobbiamo essere gentili con noi stessi, spesso invece siamo duri, ci giudichiamo e critichiamo. Dobbiamo imparare ad essere compassionevoli verso noi stessi, offrirci sostegno e consolarci.
2. Getta l’ancora: serve a tenerci fermi quando c’è la tempesta. Maggiore è lo scarto tra realtà e ciò che immaginiamo desideriamo pensiamo, maggiore è la tempesta emotiva che si scatena dentro di noi.
3. Prendi una posizione: per cosa mi voglio impegnare? Non possiamo tornare indietro ma possiamo impegnarci ad agire (nel senso dei nostri valori) sperimentando vitalità, vivendo la soddisfazione di vivere con uno scopo
4. Trova il tesoro
5. Se pratichiamo i tre passi precedenti ci troveremo in uno spazio mentale diverso e da qui potremo scoprire molti tesori. Riconoscere il dolore e allo stesso tempo apprezzare tutto quello che la vita offre.
Metafora del tiro alla fune con il mostro: (Harris, 2011).
“Immagina di tenere il capo di una fune, mentre l’altro capo è tenuto da un mostro (la tua
depressione). Il mostro è molto più forte di te e tu sei destinato a perdere, anche se tiri
più forte che puoi. L’unica cosa che puoi fare e mollare la fune; il mostro non se ne andrà,
ma tu potrai utilizzare le tue energie per fare cose più utili.”
Due elementi per Harris, per l’ACT sono fondamentali:
Accettazione: la disponibilità (acceptance) ad accogliere, osservare la realtà interna, emozioni, pensieri, sensazioni invece di negarla, evitarla o respingerla; e
Impegno: Agire nel mondo reale in linea con i propri valori ed obiettivi personali invece di perdersi nell’inazione, in comportamenti impulsivi o nell’evitamento esperienziale.
Secondo il “modello ACT” la sofferenza patologica è concettualizzata come un problema di iperfocalizzazione sull’evitamento degli stati interni e sulla rinuncia all’investimento sui propri autentici scopi. La normalizzazione può essere favorita aiutando la persona a:
· riconoscere l’ inevitabilità o normalità delle proprie reazioni;
· riconoscere la normalità della difficoltà ad accettare;
· accogliere gli stati interni
· chiarire i propri valori
L’obiettivo è una maggiore flessibilità psicologica che può consistere nell’essere presente, aperto e fare ciò che conta.
Nel caso specifico della pandemia si possono utilizzare i principi dell’Act, e Harris ha creato un protocollo che può essere di aiuto, presentato dalla d.ssa . M. Caccetta sulla piattaforma di FCP.
Al di là della presenza o meno del virus, dello sviluppo di vaccini atti a contrastarne la diffusione, questi principi e azioni rimangono utili ogni volta che la vita ci presenta delle difficoltà. Diventa un allenamento a “veleggiare tra le onde della vita."
Comments